Questo tanrenga merita un minimo di spiegazione, perché è molto sottile e rischia di perdersi in una lettura superficiale. Ha la struttura di un tanka, in cui il waki funge da contrappunto dialogico e, quindi, al limite, può costituire un esempio di mondo. L'hokku è complesso e molto sfumato: il toriawase, che si crea grazie al kireji in apertura del secondo verso, e alla cesura semantica tra le componenti interne del ku, crea un buon movimento dialettico, molto raffinato. La tematica è, evidentemente, quella dell'amore, il cui hon'i è presente nella fame di luce che spinge la magnolia verso il sole. Il morbido erotismo della natura che si scorge in questo scorcio si colora di una nota di malinconia, con un gusto che ricorda davvero la poesia del periodo Heian, ma che qui si carica di una poetica occidentale, quasi leopardiana, in cui si intravede il senso di caducità che c'è in ogni espressione di "volontà di potenza". La magnolia, i cui fiori sbocciano tutti nella stessa direzione, è un classico topos della poesia giapponese e il tappeto di petali caduti è un'immagine tipica che comunica un senso di tristezza e caducità, appunto ("mono no aware"). Il kigo è incerto, perché la magnolia è, tendenzialmente, kigo primaverile, però la magnolia grandiflora, che fiorisce più tardi, è un kigo della prima estate. Tecnicamente, quindi, non essendoci alcuna altra specificazione, l'hokku è primaverile. Ma resta una sorta di indecidibilità che aumenta ancor più il senso di precarietà dell'hokku. Il waki rientra nella risposta di natura amorosa, ma risponde su due piani, avendo una duplice chiave interpretativa: "al sol" può indicare il sole, che dà forza alla magnolia per la fioritura. Il sole (estivo) rende verdi le foglie ("le verdi foglie" è kigo esitvo) e nutre di calore l'albero. In questo senso il ku risponde positivamente all'hokku, accogliendo l'appello velato, e "promettendo" amore. D'altro canto, se "al sol" è letto, correttamente, in chiave temporale, legato a "intanto", il waki assume un tono molto più amaro, e rilancia il senso di transitorietà dell'hokku: lo stesso sole che fa fiorire la magnolia ne causa la caduta - non c'è il tempo per la fioritura che già sono spuntate le foglie al posto dei fiori. La primavera è un abbaglio, che in un attimo svanisce, sostituita dal caldo dell'estate. Anche qui, il senso di precarietà è aumentato dall'ambiguità dei kigo (il "fiorire" è primaverile, "le verdi foglie" estivo) che spostano la stagione all'inizio dell'estate ma ne colgono il passaggio e, quindi, appunto, la transitorietà. Il messaggio amoroso resta comunque positivo: nella precarietà dell'esistenza, nello sfiorire della giovinezza, resta la relazione d'amore, che, come la luce del sole, è la sola costante nel mutare delle stagioni. D'altra parte è un invito a non restare attaccati a nessuna di queste "stagioni" della vita, nella consapevolezza che quello stesso amore alterna gioie e sofferenze, certezze e illusioni, così come la luce del sole nutre e brucia allo stesso tempo.
Questo tanrenga merita un minimo di spiegazione, perché è molto sottile e rischia di perdersi in una lettura superficiale. Ha la struttura di un tanka, in cui il waki funge da contrappunto dialogico e, quindi, al limite, può costituire un esempio di mondo. L'hokku è complesso e molto sfumato: il toriawase, che si crea grazie al kireji in apertura del secondo verso, e alla cesura semantica tra le componenti interne del ku, crea un buon movimento dialettico, molto raffinato. La tematica è, evidentemente, quella dell'amore, il cui hon'i è presente nella fame di luce che spinge la magnolia verso il sole. Il morbido erotismo della natura che si scorge in questo scorcio si colora di una nota di malinconia, con un gusto che ricorda davvero la poesia del periodo Heian, ma che qui si carica di una poetica occidentale, quasi leopardiana, in cui si intravede il senso di caducità che c'è in ogni espressione di "volontà di potenza". La magnolia, i cui fiori sbocciano tutti nella stessa direzione, è un classico topos della poesia giapponese e il tappeto di petali caduti è un'immagine tipica che comunica un senso di tristezza e caducità, appunto ("mono no aware"). Il kigo è incerto, perché la magnolia è, tendenzialmente, kigo primaverile, però la magnolia grandiflora, che fiorisce più tardi, è un kigo della prima estate. Tecnicamente, quindi, non essendoci alcuna altra specificazione, l'hokku è primaverile. Ma resta una sorta di indecidibilità che aumenta ancor più il senso di precarietà dell'hokku. Il waki rientra nella risposta di natura amorosa, ma risponde su due piani, avendo una duplice chiave interpretativa: "al sol" può indicare il sole, che dà forza alla magnolia per la fioritura. Il sole (estivo) rende verdi le foglie ("le verdi foglie" è kigo esitvo) e nutre di calore l'albero. In questo senso il ku risponde positivamente all'hokku, accogliendo l'appello velato, e "promettendo" amore. D'altro canto, se "al sol" è letto, correttamente, in chiave temporale, legato a "intanto", il waki assume un tono molto più amaro, e rilancia il senso di transitorietà dell'hokku: lo stesso sole che fa fiorire la magnolia ne causa la caduta - non c'è il tempo per la fioritura che già sono spuntate le foglie al posto dei fiori. La primavera è un abbaglio, che in un attimo svanisce, sostituita dal caldo dell'estate. Anche qui, il senso di precarietà è aumentato dall'ambiguità dei kigo (il "fiorire" è primaverile, "le verdi foglie" estivo) che spostano la stagione all'inizio dell'estate ma ne colgono il passaggio e, quindi, appunto, la transitorietà. Il messaggio amoroso resta comunque positivo: nella precarietà dell'esistenza, nello sfiorire della giovinezza, resta la relazione d'amore, che, come la luce del sole, è la sola costante nel mutare delle stagioni. D'altra parte è un invito a non restare attaccati a nessuna di queste "stagioni" della vita, nella consapevolezza che quello stesso amore alterna gioie e sofferenze, certezze e illusioni, così come la luce del sole nutre e brucia allo stesso tempo.
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