sabato 15 dicembre 2012

Un cielo terso


Un cielo terso
I cachi maturano
Nelle cassette

[Stefania Nardone]

Mastica un vecchio sutra
Tra cento piante ― pace

[Diego Rossi]

Svelti, studenti!
Chiude la biblioteca.
Notte d’autunno.

[Stefania Nardone]

Nell’odor della carta
Piaceri della noia.

[Diego Rossi]

 


2 commenti:

  1. L’hokku è molto dimesso, molto ji. Tuttavia ha un gusto bozzettistico molto elegante e poetico. Il toriawase funziona, anche se manca un kireji, per la cesura tra il primo verso e gli altri due. I “cachi” sono kigo autunnale (“kaki”, 柿).
    Il waki è un soshin che si collega per kotobazuke: i “cachi” diventano l’implicito loto del “sutra” masticato. La “pace”, inoltre, fornisce un’ulteriore collegamento con il cielo terso. “Cento piante” è kigo autunnale: “chigusa”, 千草, è un’espressione usata per indicare le piante e i fiori di un giardino e implica, appunto, l’autunno, per convenzione.
    Il daisan ha un collegamento molto distante, un po’ incerto: si può definire uno yōsei, che riprende la suggestione di un vecchio monaco in un giardino, forse qui il custode in un chiostro e, dunque, evoca l’immagine di studenti all’uscita da una biblioteca. D’altro canto, il collegamento potrebbe essere costituito anche da una corrispondenza tra lo studio di un monaco zen e quello di uno studente occidentale. La stagione dev’essere ancora l’autunno: la notte autunnale chiude bene questo ku, che si può definire jimon, conferendogli una certa vaghezza e un tocco di yūgen.
    Il daishi riprende l’immagine della biblioteca in un’omokagezuke che evoca i “Piaceri di noia” di Zevola. Qui però sembra riferirsi anche agli studenti che, richiudendo i libri, pregustano il piacere dell’ozio dopo una giornata di studio. È uno shinku, decisamente, con un tono monji o jimon.
    Nel complesso, lo yotsumono ha un gusto bozzettistico molto efficace, per quanto molto ji. C’è un gran dinamismo che però non frantuma il flusso, perché i collegamenti sono riusciti, e lo rende abbastanza godibile.

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    1. La biblioteca, che le cento piante del giardino mi hanno fatto immaginare, è quella di palazzo reale, dotata di un bel giardino. Le piante e il sutra mi hanno evocato l'immagine dei libri fatti di carta e raccolti in biblioteca, come i cachi nelle cassette*, in un giardino del sapere. Le "piante", le mappature in piano di un'edificio, mi hanno fatto pensare all'architettura borbonica di Napoli e il numero cento mi ha dato un'idea di un posto a più piani, a più "piante": la bibioteca, appunto. Il masticare del vecchio mi ha fatto pensare alle parole di un vecchio custode che assaporando la fine della giornata di lavoro sollecita gli studenti "occidentali" a tornare a casa. * So che è un collegamento al primo Ku ma credo che è invisibile nel daisan che è stato concepito alla fine.

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