domenica 18 novembre 2012

Occhi socchiusi





Occhi socchiusi
Pallido vento autunnale
Fuggono odori

Nella sua rosea veste
Sta un ciclamino stanco

Spirali svolte
Genziane di montagna

Che il passo schiaccia

Odorosi frammenti
La terra rigenera

[Cristiano Sorrentino]

1 commento:

  1. Il vento, da solo, non costituisce un kigo. “Pallido vento autunnale”, invece, diventa un kigo molto poetico. L’immagine è nitida e molto piacevole: al vento autunnale che trasporta vaghi odori, qualcuno socchiude gli occhi. È importante l’assenza di un soggetto ben definito: “occhi socchiusi” restituisce molto bene l’assenza di un soggetto tipica della poesia giapponese. C’è qualcuno che socchiude gli occhi - ma non si sa chi sia. Funziona molto bene. Potrebbe essere un ottimo aggancio per il waki.
    Purtroppo, però, il waki è molto sganciato, quasi del tutto scollegato. È un soku puro, in cui si può avvertire solo un vago “nioizuke”. Il collegamento però è un po’ troppo incerto e rischia di non essere colto. Come kigo, il ciclamino funziona: in verità, in giapponese il ciclamino sarebbe kigo primaverile ma in Europa può valere come riferimento autunnale. Il “ciclamino stanco” aiuta a leggerlo come autunnale, proprio perché non ci si aspetta un ciclamino nel pieno della sua fioritura (il che sarebbe primaverile o comunque troppo ambiguo).
    In generale è sempre molto difficile inserire fiori come kigo non primaverili, perché per lo più tutto ciò che fiorisce fa primavera. Sono molto rari i fiori non riferiti alla primavera. Tra questi vi è la genziana, kigo autunnale, che tra l’altro serve a spostare l’immagine in una scena di montagna. Anche questo ku ha un collegamento molto distante con il waki: l’unico riferimento è costituito dall’immagine di un fiore. Può funzionare, però è molto tenue come collegamento.
    Il daishi funziona, perché si collega perfettamente al daisan e può fungere anche bene da ageku, con l’immagine della rigenerazione che è indubbiamente molto d’auspicio. C’è solo il rischio di un torinne, con il richiamo agli odori dell’hokku che crea quasi un loop: piacevole, in questo effetto di chiusura del cerchio, ma che sarebbe assolutamente da evitare in un daishi di un renku.
    Nell’insieme lo yotsumono è molto bello. C’è una certa insistenza sul tema della terra e degli odori, che crea un bell’intreccio, secondo canoni estetici occidentali ma che in un renku rischia di generare una ricorsività fastidiosa. I singoli ku, per altro, sono molto belli e carichi di immagini vivide e forti: si può quasi sentire l’odore della terra calpestata, l’erba fresca stracciata da uno scarpone, l’odore trasportato dal vento. Come haiku sarebbero perfetti. Come yotsumono è ottimo. Come inizio di un renku è da perfezionare.

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