Il vento, da solo, non costituisce un kigo. “Pallido vento autunnale”, invece, diventa un kigo molto poetico. L’immagine è nitida e molto piacevole: al vento autunnale che trasporta vaghi odori, qualcuno socchiude gli occhi. È importante l’assenza di un soggetto ben definito: “occhi socchiusi” restituisce molto bene l’assenza di un soggetto tipica della poesia giapponese. C’è qualcuno che socchiude gli occhi - ma non si sa chi sia. Funziona molto bene. Potrebbe essere un ottimo aggancio per il waki. Purtroppo, però, il waki è molto sganciato, quasi del tutto scollegato. È un soku puro, in cui si può avvertire solo un vago “nioizuke”. Il collegamento però è un po’ troppo incerto e rischia di non essere colto. Come kigo, il ciclamino funziona: in verità, in giapponese il ciclamino sarebbe kigo primaverile ma in Europa può valere come riferimento autunnale. Il “ciclamino stanco” aiuta a leggerlo come autunnale, proprio perché non ci si aspetta un ciclamino nel pieno della sua fioritura (il che sarebbe primaverile o comunque troppo ambiguo). In generale è sempre molto difficile inserire fiori come kigo non primaverili, perché per lo più tutto ciò che fiorisce fa primavera. Sono molto rari i fiori non riferiti alla primavera. Tra questi vi è la genziana, kigo autunnale, che tra l’altro serve a spostare l’immagine in una scena di montagna. Anche questo ku ha un collegamento molto distante con il waki: l’unico riferimento è costituito dall’immagine di un fiore. Può funzionare, però è molto tenue come collegamento. Il daishi funziona, perché si collega perfettamente al daisan e può fungere anche bene da ageku, con l’immagine della rigenerazione che è indubbiamente molto d’auspicio. C’è solo il rischio di un torinne, con il richiamo agli odori dell’hokku che crea quasi un loop: piacevole, in questo effetto di chiusura del cerchio, ma che sarebbe assolutamente da evitare in un daishi di un renku. Nell’insieme lo yotsumono è molto bello. C’è una certa insistenza sul tema della terra e degli odori, che crea un bell’intreccio, secondo canoni estetici occidentali ma che in un renku rischia di generare una ricorsività fastidiosa. I singoli ku, per altro, sono molto belli e carichi di immagini vivide e forti: si può quasi sentire l’odore della terra calpestata, l’erba fresca stracciata da uno scarpone, l’odore trasportato dal vento. Come haiku sarebbero perfetti. Come yotsumono è ottimo. Come inizio di un renku è da perfezionare.
Il vento, da solo, non costituisce un kigo. “Pallido vento autunnale”, invece, diventa un kigo molto poetico. L’immagine è nitida e molto piacevole: al vento autunnale che trasporta vaghi odori, qualcuno socchiude gli occhi. È importante l’assenza di un soggetto ben definito: “occhi socchiusi” restituisce molto bene l’assenza di un soggetto tipica della poesia giapponese. C’è qualcuno che socchiude gli occhi - ma non si sa chi sia. Funziona molto bene. Potrebbe essere un ottimo aggancio per il waki.
RispondiEliminaPurtroppo, però, il waki è molto sganciato, quasi del tutto scollegato. È un soku puro, in cui si può avvertire solo un vago “nioizuke”. Il collegamento però è un po’ troppo incerto e rischia di non essere colto. Come kigo, il ciclamino funziona: in verità, in giapponese il ciclamino sarebbe kigo primaverile ma in Europa può valere come riferimento autunnale. Il “ciclamino stanco” aiuta a leggerlo come autunnale, proprio perché non ci si aspetta un ciclamino nel pieno della sua fioritura (il che sarebbe primaverile o comunque troppo ambiguo).
In generale è sempre molto difficile inserire fiori come kigo non primaverili, perché per lo più tutto ciò che fiorisce fa primavera. Sono molto rari i fiori non riferiti alla primavera. Tra questi vi è la genziana, kigo autunnale, che tra l’altro serve a spostare l’immagine in una scena di montagna. Anche questo ku ha un collegamento molto distante con il waki: l’unico riferimento è costituito dall’immagine di un fiore. Può funzionare, però è molto tenue come collegamento.
Il daishi funziona, perché si collega perfettamente al daisan e può fungere anche bene da ageku, con l’immagine della rigenerazione che è indubbiamente molto d’auspicio. C’è solo il rischio di un torinne, con il richiamo agli odori dell’hokku che crea quasi un loop: piacevole, in questo effetto di chiusura del cerchio, ma che sarebbe assolutamente da evitare in un daishi di un renku.
Nell’insieme lo yotsumono è molto bello. C’è una certa insistenza sul tema della terra e degli odori, che crea un bell’intreccio, secondo canoni estetici occidentali ma che in un renku rischia di generare una ricorsività fastidiosa. I singoli ku, per altro, sono molto belli e carichi di immagini vivide e forti: si può quasi sentire l’odore della terra calpestata, l’erba fresca stracciata da uno scarpone, l’odore trasportato dal vento. Come haiku sarebbero perfetti. Come yotsumono è ottimo. Come inizio di un renku è da perfezionare.