Molto bello l’hokku: la scena è quella di una saletta vuota, in cui la sensazione del tempo sospeso è acuita dal ticchettio della pioggia, che prende il posto dell’orologio fermo. “Plic!” è una bella onomatopea che restituisce immediatamente il suono della pioggerella autunnale e funge perfettamente da kireji. Il toriawase, del resto, è affidato all’intero movimento della strofa, suddivisa nella chiusura del primo verso e nell’enjambement degli altri due versi, spezzati internamente, a riprodurre quasi, sonoramente, il ritmo spezzato della pioggia. Il waki si collega egregiamente all’hokku: sia nel gioco di parole tra l’“ora” sospesa dell’orologio presente nel primo verso e l’ora del “non resta che”, sia nella continuazione dell’immagine, che riprende l’uggia della pioggia autunnale, il chiuso della stanza dove non resta altro da fare che mangiar castagne. Ancora: il “tlac!” riprende in un nuovo kireji l’onomatopea del primo ku, spostando il suono sul rumore delle castagne che si rompono e lega ancor meglio i due ku, continuando quasi il rumore della pioggia. “Castagne” è un perfetto kigo autunnale. Il daisan si allontana molto bene da tutta questa scena, spostandosi all’aperto, in campagna e cambiando anche profondamente lo stile, che da intimistico diventa più descrittivo. Ora non c’è nemmeno alcun riferimento all’ambiente umano: c’è un riccio che cade (e che si collega perfettamente alle castagne, fungendo peraltro da kigo autunnale) e non è detto che ci sia qualcuno che vede la scena. A parte un certo intimismo presente nei primi due ku (che comunque si sposa bene con la scena autunnale), questo mitsumono è un ottimo esempio di come dovrebbero essere scritti i primi tre ku di un renku.
Molto bello l’hokku: la scena è quella di una saletta vuota, in cui la sensazione del tempo sospeso è acuita dal ticchettio della pioggia, che prende il posto dell’orologio fermo. “Plic!” è una bella onomatopea che restituisce immediatamente il suono della pioggerella autunnale e funge perfettamente da kireji. Il toriawase, del resto, è affidato all’intero movimento della strofa, suddivisa nella chiusura del primo verso e nell’enjambement degli altri due versi, spezzati internamente, a riprodurre quasi, sonoramente, il ritmo spezzato della pioggia.
RispondiEliminaIl waki si collega egregiamente all’hokku: sia nel gioco di parole tra l’“ora” sospesa dell’orologio presente nel primo verso e l’ora del “non resta che”, sia nella continuazione dell’immagine, che riprende l’uggia della pioggia autunnale, il chiuso della stanza dove non resta altro da fare che mangiar castagne. Ancora: il “tlac!” riprende in un nuovo kireji l’onomatopea del primo ku, spostando il suono sul rumore delle castagne che si rompono e lega ancor meglio i due ku, continuando quasi il rumore della pioggia. “Castagne” è un perfetto kigo autunnale.
Il daisan si allontana molto bene da tutta questa scena, spostandosi all’aperto, in campagna e cambiando anche profondamente lo stile, che da intimistico diventa più descrittivo. Ora non c’è nemmeno alcun riferimento all’ambiente umano: c’è un riccio che cade (e che si collega perfettamente alle castagne, fungendo peraltro da kigo autunnale) e non è detto che ci sia qualcuno che vede la scena.
A parte un certo intimismo presente nei primi due ku (che comunque si sposa bene con la scena autunnale), questo mitsumono è un ottimo esempio di come dovrebbero essere scritti i primi tre ku di un renku.