venerdì 30 novembre 2012

E tra i palazzi


E tra i palazzi
Le luci della strada
Pioggia d’autunno
[Kioraya]

Dopo la lunga notte
Il sogno si riaccende
[Boncha]

Preparar caffè
Per l’ennesima volta
Rabbrividendo
[Kioraya]

A piedi scalzi muove
Verso un raggio di sole
[Boncha]

foto di Elvira Acampora

1 commento:

  1. Questo yotsumono offre dei buoni tentativi di tsukeai. C’è una certa variazione, che lo rende abbastanza piacevole e, nel complesso, ben riuscito.
    Si apre con un hokku molto suggestivo sulle luci di una strada di città, presumibilmente di sera. La “e” di apertura, oltre ad allungare il verso (che rischierebbe di essere troppo corto per effetto della sinalefe su “tra i”) fornisce profondità alla scena e costituisce un buon esempio di yūgen. Il ku è monji, con ogni probabilità. Ma ha un buon toriawase e, in definitiva, è ben riuscito. “Pioggia d’autunno” è, ovviamente, il kigo autunnale.
    Il waki, un buon jimon, si collega molto efficacemente all’hokku, perché “sposta” l’orario a poco prima dell’alba (si tenga presente che l’alba, nella poesia giapponese, è relativa alla notte e non al giorno). Il collegamento è affidato al “riaccendere” che gioca molto bene con le luci. Il significato è, grosso modo: si accendono le prime luci del giorno e si spengono quelle artificiali della notte. Molto bella, poi, è la sottile considerazione che da un sogno (quello notturno) si passa a un altro sogno (quello dello stato di veglia). Ma l’immagine può essere anche quella di una persona che ha lavorato tutta la notte (o semplicemente non ha dormito) e che ora cerca di riaddormentarsi. La “lunga notte” è un buon kigo autunnale.
    Il daisan coglie la palla al balzo e dipinge la scena, molto ji, di un risveglio casalingo: alla “notte” non possono seguire parole come “mattino”, “alba”, “giorno”, etc. ― ma la descrizione della scena mattutina è così vivida che il riferimento è immediato. “Rabbrividire” è kigo autunnale perché il rinfrescarsi progressivo dell’aria durante l’autunno fa sì che la pelle si raffreddi e quindi rabbrividisca (“hada samu” 肌寒, lett.: “la pelle ha freddo”).
    Il daishi, senza kigo, si ricollega a quest’immagine del risveglio, che qui è suggerita dai “piedi scalzi”. È comunque un soku che decontestualizza la scena, perché il raggio di sole potrebbe anche essere pomeridiano o serale. Tuttavia non è detto che riesca a “staccare” efficacemente il maeku dall’uchikoshi: la scena che daisan e daishi descrivono, insieme, potrebbe essere quella di un bambino che si alza dal letto mentre la mamma prepara il caffè, o di una qualunque altra persona che sta in casa, compresa la stessa che sta preparando il caffè è che magari cerca un raggio di sole per riscaldarsi. Tuttavia, in questo modo, il rischio è di indugiare troppo su quest’immagine dell’alba: in questo caso non ci sarebbe un vero richiamo all’uchikoshi (perché, si è detto, prima la scena era notturna, mentre qui è solare) ma, in un’ipotetica nuova strofa, occorrerebbe cambiare scena con maggior decisione.

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